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Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta dal Maestro Ion Marin 27 1 24

Classica

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Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta dal Maestro Ion Marin

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Caurum Hall Guido d’Arezzo – Auditorium

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27 Gen 2024

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19:00

  • Questo evento è passato.

Il concerto di Sabato 27 gennaio vede il direttore d’orchestra rumeno Ion Marin - Direttore ospite principale degli Hamburger Symphoniker e Direttore artistico dell’Orchestra dell’Unione Europea - esibirsi alla testa dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino in due splendidi capolavori del repertorio sinfonico.

Artisti presenti

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Ion Marin

Direttore

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Ion Marin, direttore

Programma:

  • A. Mozart, Sinfonia n. 38 in Re maggiore “Sinfonia di Praga”, K 504
  1. Adagio. Allegro (re maggiore); 2. Andante (sol maggiore); 3. Presto (re maggiore)
  • I. Cajkovskij Sinfonia No. 4 in Fa minore, Op. 36

1. Andante sostenuto – Moderato con anima; 2. Andantino in modo di Canzona; 3. Scherzo. Pizzicato ostinato. Allegro; 4. Finale. Allegro con fuoco

Il 6 dicembre 1786 Mozart ultimò la composizione della Sinfonia in Re maggiore K 504, che fu detta “Praga” perché eseguita per la prima volta il 19 gennaio 1787 in quella città, sempre generosa e accogliente nei confronti del compositore, tributando alle sue opere successi clamorosi a differenza di Vienna, dove egli stentava a ottenere i riconoscimenti che sperava. Questa Sinfonia si apre in modo simile all’imminente Don Giovanni (che proprio a Praga avrebbe avuto, di lì a poco, il suo battesimo trionfale), con un’introduzione Adagio di maestosa drammaticità, il colore cupo della tonalità di Re minore e continui contrasti tra piani e forti; l’Allegro con cui il primo movimento prosegue è di un’ampiezza imponente (il più lungo brano sinfonico scritto da Mozart) e la sua scrittura è particolarmente densa d’invenzione armonica e contrappuntistica, con folgoranti chiaroscuri di effetto caravaggesco. Il secondo movimento (Andante), in forma sonata, dopo un inizio apparentemente sereno, in Sol maggiore, riafferma la tensione drammatica con le sue ombrose modulazioni in minore e l’elaborazione cromatica, pensosa e austera. Priva di Minuetto, la Sinfonia “Praga” si conclude con un terzo movimento (Presto) ricco di colori forti e cangianti, che trasforma in luminosa perfezione creativa le tragiche ansie del compositore che sprofondava nei debiti, angosciato dal venir meno della popolarità che – proprio l’anno precedente – era parsa finalmente affermarsi, dopo il successo delle Nozze di Figaro; in questo finale, un gioco di “pieni” e “vuoti” – che alterna momenti forti e vigorosi ad altri di trasparenza quasi cameristica – si anticipa il miracolo di riunire in un’unica struttura la forma sonata e l’elaborazione contrappuntistica, come avverrà nella “Jupiter”, l’ultima delle 41 Sinfonie scritte da Mozart, in Do maggiore (K 551), del 1788.

Dopo questo splendido monumento alla tragicità mozartiana, presaga di sofferte atmosfere romantiche, con la Quarta Sinfonia op. 36 di Cajkovskij siamo proiettati nella temperie tardo-ottocentesca di una soggettività figlia del Romanticismo, ma già venata del disperato senso di morte delle opere del Decadentismo. Composta tra la fine del 1876 e la fine dell’anno successivo, la Quarta reca i segni del tormento esistenziale di Cajkovskij, angosciato dalla propria omosessualità e dalla condanna sociale che essa gli avrebbe procurato, se resa nota; la lettera d’amore inviatagli dalla sua allieva Antonina Milyukova sembrò al compositore, inizialmente, un’ancora di salvezza, ma dopo sole 3 settimane dal matrimonio con lei Cajkovskij fuggì in Ucraina dalla sorella e, più tardi, costretto a riunirsi di nuovo alla moglie a Mosca, tentò di suicidarsi, gettandosi nella Moskova gelata. Unico raggio di luce in questa angosciosa situazione fu l’ammirazione – e poi il sostegno materiale per 16 anni – di una ricca vedova quarantaseienne, Nadezda von Meck, che divenne la confidente del compositore e segreta dedicataria della Quarta Sinfonia.

In questo capolavoro, fin dalle prime battute dell’Andante sostenuto che apre il primo movimento, si sente risuonare il tema del Fato, secondo quanto l’autore scrisse alla sua mecenate a proposito di una sorta d’interpretazione psicologica della Sinfonia, la quale rispecchierebbe la lotta contro il destino che, a differenza del titanismo beethoveniano, si risolve nella sconfitta e nella sofferenza di un antieroe, che Cajkovski rappresentò anche nella sua tragica esperienza biografica. Nel Moderato con anima lo spettro di un valzer risuona come un’illusione di spensieratezza, che presto viene scacciata dal ritorno del tema del destino e da perorazioni accorate e drammatiche di tutta l’orchestra. Segue un Andantino in modo di Canzona, in cui si ascolta un canto popolare russo, affidato all’oboe sulla trama del pizzicato degli archi; la parte centrale (Più mosso) propone un andamento danzante introdotto da clarinetti e fagotti, memori del valzer del movimento precedente, oltre al riaffiorare spettrale del tema del Fato. Lo Scherzo, con il pizzicato ostinato degli archi, impegna l’orchestra in un notevole virtuosismo e il Trio centrale (Meno mosso) introduce nuove atmosfere di sapore pastorale. Il fragoroso tema iniziale del Finale (Allegro con fuoco) si alterna con un’altra melodia popolare russa (“Nel campo s’ergeva la piccola betulla”), avviluppandosi in un vorticoso dispiegamento di energia, nel quale riaffiora ancora il motto del tema del Fato, che poi si stempera in una Coda di grandiosa, drammatica vitalità.

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